È proprio necessario soffrire in amore?
Due sembrano essere le “malattie del cuore”: una è legata all’incapacità di innamorarsi; l’altra è quella di chi vede in ogni nuovo amore l’incontro con la persona giusta... Vediamo insieme come sia possibile guarire da queste sofferenze.
La vera malattia d’amore
La vera malattia d’amore, secondo Alain Bauer, l’antropologo della foresta, è l’incapacità di innamorarsi.
«Le persone che s’innamorano molto raramente o quasi mai e, come accade a certi uomini, ne sono fiere, sono in genere individui avidi, tutti orientati sulla razionalità, sul controllo delle emozioni».
Secondo Bauer, la scarsa capacità di innamorarsi è una condizione di disequilibrio profondo e andrebbe letta come la spia di un disagio esistenziale.
Al polo opposto, invece, si possono collocare coloro che sono vittime frequenti del “mal d’amore”. Persone, cioè, che s’innamorano spesso di nuovi partner, che escono dolorosamente da una storia per iniziarne subito dopo un’altra. La cosa sorprendente sta nel fatto che queste persone raccontano, nelle interviste psicologiche, che «… ogni volta mi sembra di ricominciare da capo».
Tutte le volte hanno la sensazione che il nuovo partner incontrato sia il “grande amore” della loro vita. Ogni storia diventa una vera e propria “fatica di Sisifo”, una corsa a dimostrare che «questa volta è tutto diverso», che il partner incontrato è quello decisivo, che non si potrà vivere senza di lui o di lei.
Si delineerebbero così due diversi “mal d’amore”: quello di chi dall’amore sta lontano, perché ne ha paura, e quello di chi vede in ogni incontro la propria autorealizzazione, l’incontro con la metà mancante del cielo. Ambedue questi stati sono portatori di sofferenza e di disagio. Il primo per la perdita di creatività, di sentimenti, di emozioni. Il secondo per la continua rincorsa ansiosa di uno stato che poi verrà puntualmente vanificato.
Inutile dire che la cultura degli ultimi anni ci ha fatto assistere a una maggiore diffusione del secondo tipo di “mal d’amore”, quello legato alle “delusioni” delle storie che iniziano e s’interrompono.
Le molecole dell’innamoramento
Secondo alcuni autori, fra cui il compianto Luigi Oreste Speciani, innamorarsi sarebbe un vero e proprio “elisir” per la salute. In base alle sue ricerche e ai suoi studi statistici, peraltro ripresi da altri, lo stato di innamoramento modificherebbe profondamente in senso positivo sia le difese immunitarie sia le secrezioni ormonali.
«La bellezza – egli scrive – che caratterizza le persone innamorate sarebbe proprio da attribuire al cambiamento psicosomatico indotto dall’innamoramento».
Speciani sosteneva che ogni innamoramento profondo sarebbe un “passaporto” per la salute e garantirebbe dai due ai quattro anni di una sorta di vaccinazione nei confronti delle malattie. Se fosse vera quest’ipotesi, si dovrebbe parlare di “molecole dell’amore”, capaci di modificare profondamente lo stato biologico.
L’amore così concepito non solo non sarebbe uno stato di sofferenza, ma avrebbe la capacità di mettere in moto le difese immunitarie, vale a dire il centro della nostra identità biologica.
Paradossalmente l’amore, che corrisponde a una vera e propria “rottura dell’identità” – quando siamo innamorati ragioniamo come se fossimo due persone – mette in moto il codice biologico della nostra identità più profonda, cioè il sistema immunitario.
Comunque, da un punto di vista molecolare, secondo la tesi di Speciani non vi sarebbe sofferenza, dolore, tristezza, bensì una “gioia” della materia vivente che si esalta.
Innamoramento fra piacere e dolore
Se si vanno a leggere le descrizioni dei momenti in cui avviene l’innamoramento, ci si accorge che questo è caratterizzato da una sorta di “corteo sintomatologico” d’amore. È una fase in cui è più frequente l’irrequietezza, la tachicardia; l’emotività è più labile.
La paura è un sentimento che riaffiora. Si riscontra in concomitanza un senso di “pienezza di vita”, di gioia interiore e un aumento del desiderio sessuale. Da un lato si presentano situazioni psicosomatiche che rivelano la risposta al cambiamento (tachicardia, sudorazione ecc.), e che in qualche modo possono anche essere avvicinati all’espressione corporea della paura, dall’altro si evidenziano i temi dello sviluppo della vita affettiva (pienezza, gioia ecc.).
Quest’apparente contraddizione si può comprendere se teniamo presente che l’amore si comporta come un archetipo dell’emozione, dove le polarità opposte – piacere e sofferenza – riposano una accanto all’altra. E vivere pienamente un archetipo, un simbolo, non può che essere vivificante e salutare per il corpo.
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