Avevo una nonna contadina che in terza elementare dovette abbandonare la scuola nonostante la passione per lo studio. Viveva di stenti in un’umile casetta nelle campagne Venete. Abitava con la madre e con il padre che, come spesso accadeva all’epoca, maltrattava le donne di casa, preferendo bivaccare con gli amici mentre la propria moglie si spezzava la schiena nei campi. Quando nacqui io, lei aveva solo quarantuno anni, ma nella mia infanzia ricordo carezze di mani rugose, segnate dai troppi panni lavati nell’acqua fredda del fiume. Ricordo i suoi racconti del dopoguerra e, quando facevo i capricci, mi diceva che quando era piccola lei, non poteva permettersi di uscire la domenica perché possedeva un solo abito ed era costretta a lavarlo per poterlo poi indossare il lunedì a lavoro.Mi ha insegnato il perdono, la semplicità nel donare amore senza attendere nulla in cambio, proprio come ha sempre fatto lei con tutti noi. Mi ha avvolto con le sue accoglienti braccia e ha saputo guardare oltre i nostri errori, in silenzio. Mi ha insegnato quanto buono è un panino con la marmellata e che non importava che marca avessero i miei vestiti, ero sempre una principessa…La morale di questa storia?Cultura ed intelligenza non sono due facce della stessa medaglia. La cultura è una bella valigia, di gran marca, che decidiamo di riempire di capi più o meno pregiati e più la riempiamo, più faremo bella figura nelle svariate occasioni della vita. L’intelligenza è una dote, che appartiene al ricco come al povero, al letterato o all’ignorante, al bello o al brutto. L’intelligente saprà essere sensibile, guardare lontano, non farà mai pesare la propria condizione a chi può meno ed ammirare chi ha di più.
Non serve un lessico forbito per far parlare il cuore.
Anna Biason
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